Le parole, il silenzio e la comunicazione

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Ho sempre pensato che le parole fossero importanti. Ed in un certo senso lo penso ancora. Penso che la comunicazione sia fondamentale per capire e farci capire dal mondo circostante. Ma negli ultimi tempi il mio pensiero si è modificato. È “shiftato” dal "le parole sono importanti" al "saper comunicare è un bisogno, saper ascoltare è un arte".

La verità è che io adoro le conversazioni interessanti, quelle in cui si crea un legame tra le due menti e non si riesce più a smettere di indagare in profondità. Quelle che passano in un attimo dalle risate sguaiate ai momenti meditativi, ai silenzi, alle pause. Agli sguardi.
Ma questi sono piccoli scrigni di bellezza, che capitano spesso inaspettatamente con persone nuove nella nostra vita o con le persone vicine con cui abbiamo un certo tipo di rapporto. Se negli ultimi anni quindi ho modificato la mia visione rispetto alla comunicazione e le parole, è perché mi sono resa sempre più conto di quanto le persone tendano a parlare in eccesso. Tutte queste parole che buttiamo fuori, tutto questo straparlare.

Quasi sempre è un parlare con se stessi, è raccontarsi una storia, auto-convincersi di un'ipotesi personale. E non dico che questo sia sbagliato. Ma mi chiedo: c’è davvero bisogno di tutto questo fracasso costante? Davvero dobbiamo parlare per ore senza dire essenzialmente, nulla? Non sarebbe così bello riservare la preziosità della parola quando abbiamo davvero qualcosa da dire, che non sia un pettegolezzo, un lamento, un intermezzo? Non sarebbe un'evoluzione personale anche saper ascoltare?
Sento spesso dalle persone molto comunicative una sorta di disprezzo per chi invece ha un lato introverso e forse poco espressivo. Ma non è forse quello un giudizio viziato da quello che noi riteniamo normale, solo perché è la cosa più frequente?

Una mia amica mi ha raccontato della sua esperienza in una comunità in cui hanno vissuto una settimana di silenzio. La sua mente all’inizio così attaccata al bisogno di parlare, piano piano si è ammorbidita dentro a questa nuova dimensione in cui ha imparato a vivere con i suoi tempi. Mi ha detto: “sai Susan alla fine mi sentivo di conoscere le persone con cui ho vissuto quella settimana e so che anche loro mi hanno conosciuta. Non ci siamo mai parlati, non so nemmeno i loro nomi. Io penso che sarebbe bello conoscerle anche così le persone. Dapprima tacendo e solo dopo, parlando.”
Avete presente Pulp Fiction, quando Mia dice: “Non odi tutto questo? I silenzi che mettono a disagio. Perché sentiamo la necessità di chiacchierare di puttanate per sentirci più a nostro agio? É solo allora che sai di aver trovato qualcuno davvero speciale: quando puoi chiudere quella cazzo di bocca per un momento e condividere il silenzio in santa pace.” Ecco.

alessandra quattordio